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Concerto per le
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Sassari 27/10/2007

Il Comune di Sassari istituzionalizza l’omofobia

Con una votazione quasi unanime e bipartisan, Palazzo Ducale ha dato il suo personalissimo contributo alla lotta contro l’omofobia: condanna senza appello del Movimento Omosessuale Sardo e delle organizzazioni che si battono contro la discriminazione e la violenza a danno delle persone omosessuali. Alla condanna è seguito il ritiro, obbligato, della mozione contro l’omofobia presentata tempo fa da alcuni consiglieri.

In un dibattito surreale e, a tratti, schizofrenico il centro sinistra sassarese ha dato sfogo a tutta la sua omofobia interiorizzata e trovato, in extremis, un appiglio per evitare una votazione che avrebbe creato problemi alla tenuta della coalizione: riconoscere la piena cittadinanza delle persone omosessuali.

Persone omosessuali che si ha paura persino di nominare e che nella mozione diventano “organizzazioni non meglio identificate”, e l’occupazione simbolica della sala consiliare nella giornata mondiale dell’orgoglio gay e lesbico diventa “un’offesa alle Istituzioni” per un’azione dalle “finalità poco chiare”. Vergogna e ipocrisia traspaiono non solo dal testo ma anche dagli interventi, tanto da spingere il Sindaco a chiedersi, ipocritamente, come mai non lo avessimo coinvolto in incontri pubblici per discutere dell’argomento. Come è lontano l’aprile 2006 in cui Ganau, in un nostro dibattito pubblico, dichiarava «Subito dopo le elezioni politiche, metteremo all’ordine del giorno in consiglio comunale l’istituzione del registro delle unioni civili. Ed è solo il primo passo della battaglia che porterà alla legge sui Pacs» (La nuova Sardegna 4/04/06). Ed è sempre Ganau il sindaco a cui vengono consegnate, nel marzo 2007, 5000 firme di cittadini a sostegno del registro delle Unioni Civili. Testo questo, che il Sindaco conosce dal Gennaio 2006, data in cui gli venne consegnato con tanto di documentazione allegata. E se la mozione di accompagnamento al registro non è mai stata presentata è proprio perché il Sindaco stesso lo aveva sconsigliato, più volte, nelle riunioni di maggioranza.

Durante il dibattito di ieri, i pochi che si esprimono contro la condanna: Lai e Mameli per i DS, Schirru per PS, Frau dell’UDC e Manfredi Cao dell’Udeur, ricordano al Sindaco e al consiglio non solo le motivazioni alla base del gesto, ma anche tutte le passate occupazioni della sala consiliare che il Consiglio mai si sognò di condannare. Il consigliere Biosa arriva all’autodenuncia, ricordando quando occupò l’aula nella sua qualità di dirigente sindacale e Manfredi Cao cita un’occupazione di protesta con l’introduzione di un asino all’interno. Ma l’asino è un animale e i sindacalisti sono cittadini mentre gay e lesbiche non sono né l’uno né l’altro e vanno condannati.

A sintetizzare l’”etero pensiero” del Comune ci pensa Monica Spanedda che, con il suo: “E’ stata offesa l’Istituzione eppure si lavora per le loro istanze” mette in chiaro che alle persone omosessuali non è riconosciuto nemmeno il diritto alla protesta e il riconoscimento di qualche parziale diritto è a totale discrezione della società eterosessuale.

Davanti a tanta “omofobia amica” fanno quasi sorridere le accuse di “fondamentalismo omosessuale” di Profili o di “devianza” di Chessa: ignoranza bonaria di chi almeno ci riconosce come soggetto politico. 

E mentre in città si moltiplicano gli episodi di omofobia, anche violenta, il messaggio del Sindaco e del consiglio è chiaro: discriminare e offendere gay e lesbiche, come hanno fatto impunemente alcuni consiglieri comunali per più di un anno, è lecito, ribellarsi all’omofobia è sbagliato e chi lo fa viene punito.

Ancora una volta calcoli politici e personali, uniti ad un’incredibile smania punitiva, hanno prevalso sulla vita reale delle persone ed è con estrema amarezza che constatiamo come, la nostra città, abbia perso l’ennesima occasione di dare un timido segnale di civiltà.

L’assemblea del Movimento Omosessuale Sardo