SABATO, 05 MAGGIO 2007
Il pubblico ministero chiedeva di archiviare ma il gip ha ordinato l’imputazione coatta
Aspirante sindaco perquisito: due agenti nei guai
Il leader del Mos fu portato in questura, denudato e sottoposto a ispezione personale
SASSARI. Imputazione coatta per i due poliziotti che la notte del 24 aprile 2005 sottoposero a una umiliante ispezione personale il candidato sindaco Massimo Mele, leader del Movimento omosessuale sardo, e tre sostenitori della sua lista. Lo ha deciso il giudice delle indagini preliminari Massimo Zaniboni, con una ordinanza che rigetta anche la seconda richiesta di archiviazione del procedimento penale avanzata dalla Procura della Repubblica.
Per il gip «pare necessario sottoporre la vicenda al vaglio processuale». Il giudice ha restituito gli atti al pm Andrea Garau, disponendo che formuli nei confronti dei due poliziotti l’imputazione di «perquisizione e ispezione personale arbitraria».
L’episodio risale alla campagna elettorale che precedette le ultime amministrative. Massimo Mele guidava la coalizione «Liberiamo Sassari» e venne fermato dalla polizia in corso Vico mentre, di notte, rientrava da un giro elettorale in compagnia di due candidati e di un simpatizzante. Antonello Casto e Guglielmo Cirino, agenti della Mobile di Lecce in distacco in città, dopo avere chiesto loro i documenti perquisirono gli occupanti dell’auto. Quindi li invitarono a seguirli in questura dove, dopo averli fatti denudare, procedettero a ispezioni corporali. La spiegazione ufficiale, fornita dopo l’esposto di Mele, fu che sussistevano i presupposti per l’applicazione della legge 152 in materia di sicurezza. La norma consente alle forze dell’ordine atti ispettivi in casi eccezionali di necessità e di urgenza che non consentono il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria.
Convincente per il pm, il quale ha ribadito la richiesta di archiviazione, tale motivazione è stata contestata dall’avvocato Pina Zappetto. Il legale si è opposto alla chiusura dell’inchiesta con argomentazioni condivise dal giudice delle indagini preliminari.
Il gip (lo stesso che dopo la prima richiesta di archiviazione invitò il pm ad acquisire alcune testimonianze) ha spiegato nella ordinanza i motivi della imputazione coatta. «Non pare dubitabile che gli indagati abbiano sottoposto a perquisizione personale le persone offese - scrive il giudice - e che detta perquisizione fosse finalizzata, come nei loro verbali attestano, alla ricerca di armi, esplosivi o strumenti di effrazione». «Orbene, senza voler sindacare i presupposti legittimanti tale attività, che ha comunque dato esito negativo - prosegue il giudice -, deve osservarsi come la materialità del reato risieda nell’esistenza di un legittimo intervento degli organi di polizia, attuato però con modalità abusive e non conformi alle disposizioni che li prevedono». Per il gip la 152, invocata dagli agenti al fine di eseguire le perquisizioni, consente solo perquisizioni “sul posto” «mentre le persone offese - scrive - furono nuovamente perquisite, con modalità particolarmente invasive, anche in questura dove erano state accompagnate per l’identificazione».
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