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LUNEDÌ, 19 FEBBRAIO 2007
Pagina 4 - Sardegna
Il Movimento omosessuale ha compiuto quindici anni
Da tutta la Sardegna a Sassari per festeggiare l’orgoglio gay. Massimo Mele: «In prima linea contro ogni tipo di discriminazione»
LUIGI SORIGA
SASSARI. Per impacchettare la mascolinità in eccesso, Antonello comincia dalle calze. Chiare, non troppo velate. Poi strizza dove c’è da strizzare e abbonda dove c’è da abbondare. Mutande, corpetto e reggiseno ingoiano un corpo gracile e lo ridisegnano pieno di curve. E’ quasi pronto. Fuori dal camerino c’è la grande festa del Movimento omosessuale.
Sistema la parrucca, biondo d’ordinanza. Ora la prova specchio, il lavoro più certosino, dove ogni drag-queen consegna la propria fisionomia all’arte. Prima l’impalcatura di fondo tinta, poi una spessa garza di matita, fard e rossetto. Dopo un’ora e mezzo il viso affilato di Antonello è sprofondato dentro chili di make-up. Ciò che resta, è «La Trave nell’Okkio»: ovvero la drag queen più famosa di Sassari, 28 anni, portotorrese, sei anni trascorsi sopra tacchi vertiginosi, perforata da centinaia di sguardi intrisi di desiderio e risate. Dicotomia esistenziale complessa quella di una drag: perennemente in bilico tra clown e icona sexy. Dice: «Quello che piace alla gente è questa oscillazione tra una gestualità elegante e femminile e un turpiloquio da scaricatore di porto. Io in questo sono uno specialista». Parte la musica, la bocca rossa e carnosa di Antonello ricalca in playback una vecchia canzone: una spagnola sedotta e abbandonata chiama in causa i fratelli e chiede il conto al fedifrago. Una platea di gay, lesbiche e transessuali si spella dagli applausi. Sono forse in cinquecento, arrivano da Cagliari, da Olbia, da Oristano per festeggiare il quindicesimo compleanno del Mos, il Movimento Omosessuale Sardo. Il presidente Massimo Mele prende il microfono, discorso lapidario: giusto un saluto, un breve riassunto e qualche sassolino dalla scarpa. Dice: «Il Mos ha portato avanti decine di battaglie contro ogni tipo di discriminazione. C’è ancora da lavorare sodo. I Dico sono una vergogna. I registri comunali per le unioni civili erano un’occasione per Sassari, ma i consiglieri comunali sono stati una grande delusione, compresi alcuni del centrosinistra. E ora auguri a tutti, e gustatevi la torta». Ricamati, sopra una soffice coltre di panna, ci sono i quattro mori. I profili rivolti uno verso l’altro, le labbra dei moretti incollate in un bacio. Faranno una brutta fine, sbranati in dieci minuti da una fauna allegra, variegata e famelica. Dice “La Trave nell’Occhio”: «Molti gay aspettano con ansia il Carnevale. E’ l’occasione per mascherarsi. Alcuni vorrebbero travestirsi da donna, ma magari non hanno il coraggio di farlo. Oggi possono sbizzarrirsi». C’è la biondona con una minigonna mozzafiato e due spalle così. C’è quello con parrucca, vestitino a fiorellini, baffi e pizzetto. Ci sono quelli che mimetizzano il testosterone dentro gambe e schiene mozzafiato, c’è l’angioletto con aureola e alucce, ogni tanto un’incursione nel kitsch: c’è uno agghindato in stile sadomaso, con abito e maschera in pelle e frusta in mano. E poi tantissime ragazze lesbiche, molte delle quali giovanissime e quasi tutte accoppiate. C’è sempre quella con i capelli cortissimi, lucenti di gel, (vezzo maschile ormai in disuso), jeans, camicia, look androgino, e poi la compagna con i capelli sciolti, niente trucco, femminilità declinata all’essenziale. I ragazzi in genere hanno le sopracciglia perfettamente disegnate, alcuni sono palestrati e lampadati, altri però del look se ne infischiano, e sfoderano con disinvoltura pancia e peli. Ci sono quelli perfettamente anonimi, con l’aria da perfetto compagno di banco. Insomma, è sparigliato ogni stereotipo. Come quello degli approcci svelti, senza inibizioni. Pochissimi si baciano, effusioni ridotte ai minimi termini. Piuttosto gioco di sguardi e molta ironia. Tutti si divertono, hanno grandi sorrisi, si respira un clima di effervescente euforia, ognuno è a proprio agio, scherza, chiacchiera, beve, non i soliti musi lunghi e annoiati da tappezzeria del sabato sera. Appiccicati al soffitto ci sono i palloncini colorati, gonfi di elio. Un ragazzo ne afferra uno, lo slega e se lo beve tutto d’un fiato. La voce gli diventa un cartone animato. Dice: «Ah, che ridere, sembro ancora più finocchio». Ci sono anche diversi eterosessuali, ballano, scherzano, si mescolano volentieri. «E’ il bello di queste feste - dice Antonello - non c’è affatto aria di ghetto». A lui, in fondo, Sassari non dispiace. E nemmeno Porto Torres. Non cambierebbe granché della sua esistenza: gli piace il posto dove vive, la sua sessualità e le sue amicizie. E’ gay da sempre, «un po’ sfigato», dice, poche storie importanti nel suo trascorso sentimentale. Nel futuro potrebbe vedere una famiglia, ma anche una bella casa da single, lui e il suo criceto. Parla di sè rigorosamente al maschile, non nasconde il suo lavoro, anche la mamma è una sua fan e ogni tanto va agli spettacoli di nascosto, nelle ultime file. «Mi ha sempre imbarazzato vederla tra il pubblico». Tutti conoscono Antonello e tutti conoscono La Trave nell’Occhio. La sua «diversità» è un problema degli altri. Dice: «Nessuno in strada mi ha mai gridato finocchio. Qualcuno, certo, mi guarda strano, ma chissenefrega, fatti suoi». Ha cominciato per caso: «Facevo il ballerino negli spettacoli di drag queen, un giorno mancava la protagonista e mi hanno chiesto di sostiuirlo. Mi sono messo i tacchi alti e ora questo è il mio lavoro. Molti gay vorrebbero farlo, magari però non ne hanno il coraggio, questione di timidezza. Non è male come mestiere. Giro per tutta la Sardegna, ci si campa bene. Meglio di fare il cameriere, con lo stress e il mal di schiena». I suoi idoli coprono un arco abissale: da una parte Madonna, dall’altro l’attrice di teatro Teresa Soro. «Quando le vedo - dice - l’emozione è la stessa». Ha lavorato a lungo levigando i gesti, smussando sul palco le spigolature di una mascolinità invadente. Però quando smette i panni della drag, assieme alla parrucca si libera anche dagli eccessi di una femminilità artefatta. Ogni tanto però La Trave si reimpossessa di lui. «Quando scherzo, o faccio una battuta, mi parte da sola la drag. Mi capita soprattutto adesso che sto lavorando tanto. Una specie di pericolosa deformazione professionale». Alle 3 di notte la festa non accenna a spegnersi. Sale il tasso alcolico, cadono i freni inibitori, vola qualche bacio. Sul palco si esibisce anche Djiamanda, altra drag storica, che di giorno sta appiccicato ai libri, coltivando la sua carriera di ricercatore universitario. Poi verso le cinque, sotto il peso del rimmel le palpebre si fanno pesanti. Il locale si svuota. La Trave nell’Okkio disfa l’impalcatura e riconsegna Antonello a un mattino felice.
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