Manifestazione contro l'omofobia
Cagliari 16/05/09
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La Nuova Sardegna — 17 maggio 2009 pagina 05 sezione: SARDEGNA
CAGLIARI. Oltre un migliaio di persone in piazza per ricordare che «di omofobia si può guarire». È stato questo uno degli slogan più gettonati durante il corteo che ieri pomeriggio ha sfilato per le vie del centro città. L’occasione è la «Giornata mondiale contro l’omofobia» in programma oggi e promossa per ricordare l’anniversario della data in cui l’Organizzazione mondiale della sanità cancellò, nel 1990, l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Intorno alle 17 in piazza Garibaldi si sono date appuntamento tutte le sigle aderenti al collettivo spontaneo che ha organizzato la manifestazione, dal Movimento omosessuale sardo, che a fine maggio organizzerà una manifestazione gemella a Sassari, all’associazione Arc, passando per il collettivo Lune Storte, Amnesty International, il collettivo universitario e la federazione provinciale di Cagliari di Rifondazione Comunista. Sono arrivati tutti alla spicciolata: gli studenti con gli striscioni, gli associati di Arc e quelli dell’Arcigay, qualche dark e post-punk. Il corteo è partito poco dopo le 18 da piazza Garibaldi per attraversare il centro città passando nelle vie Sonnino, XX Settembre, Roma e Largo Carlo Felice, prima di tornare in piazza Garibaldi, dove si è tenuto uno spettacolo animato da musicisti jazz e rock, letture di poesie e brani letterari. «Lo scopo di questa iniziativa - ha detto Cristina Ibba, componente del coordinamento femministe e lesbiche di Cagliari - è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica non solo sulle aggressioni fisiche subite dagli omossessuali ma soprattutto sulle vessazioni psicologiche che, nella maggior parte dei casi, sono perpetrate in famiglia e a scuola. Io stessa, da insegnante, sono stata spesso spettatrice di episodi di intolleranza non solo nei confronti di giovani omosessuali ma dei diversi in genere. Di sicuro, sul versante degli episodi di intolleranza legati all’orientamento omosessuale molto spesso si tende a decontestualizzare, se non minimizzare, l’accaduto: si veda il caso dello studente torinese massacrato di botte da un gruppo di compagni al grido «sei gay», bollato come un semplice episodio di bullismo. Non sono state poche le persone che, saputo della manifestazione in programma ieri, hanno associato il corteo a una sorta di gay-pride in salsa cagliaritana. «La nostra non ha alcuna attinenza con quella manifestazione - ha chiarito Ibba - ma crediamo che chi partecipa al gay-pride abbia tutto il diritto di farlo e, anzi, non sono d’accordo con chi lo bolla come una semplice carnevalata. Molto spesso, dietro queste critiche si nascondono persone che non hanno altra intenzione se non quella di strumentalizzare l’evento per screditare tutto il movimento che si muove per difendere i diritti degli omosessuali». Secondo i vertici dell’Arc, sigla che richiama il simbolo degli omosessuali, l’arcobaleno, Cagliari non figura tra le città caratterizzate da aggressioni o segni di intolleranza verso gli omosessuali, anche se questa situazione, «una sorta di pax non scritta - dicono gli esponenti di Arc - funziona sul modello ‘fai quello che ti pare, basta che non mi disturbi’». Il tutto ammantato da un velo di ignavia. Un elemento che, insieme all’intolleranza secondo Cristina Ibba «è il risultato di una cultura omofoba alimentata in particolare dal Vaticano e dal clero e foraggiata dalla destra fascista. Ma in questo discorso non rientra solo l’orientamento sessuale: la tolleranza verso gli altri è un fatto di democrazia e rispetto». - Pablo Sole
da: Unione Sarda17/05/2009
Pochi politici e tanta gente per le strade cittadine. Qualche tensione in piazza Yenne: insulti rivolti ai manifestanti
Autoironia e colore contro l'omofobia
Duemila persone hanno partecipato al corteo di ieri sera
Un corteo festoso che in via Roma viene applaudito da un gruppo di turisti. I gay si confondono tra i tantissimi eterosessuali.
«Tutto qui?», sussurra un giovane a un amico. Appostato in via Sonnino, immortala soltanto un paio di immagini con la sua macchina fotografica professionale. «Tutto qui?», dice quasi con rabbia all'amico: lui sperava di catturare qualche immagine folkloristica, se non addirittura pruriginosa. Invece, la manifestazione contro l'omofobia lo lascia praticamente a bocca asciutta. Perché le migliaia di persone (alla fine, sono forse duemila) sono quasi tutte “normali”, secondo il suo modo di vedere. Meritano di finire nella memoria della sua digitale, forse, soltanto le tre drag queen sistemate nel camion che guida il corteo e un giovane con la cresta colorata, interessato più a distribuire inviti per una serata in discoteca che condividere i motivi della protesta.
LA MANIFESTAZIONE Niente di strano per gli organizzatori della manifestazione. Quello partito ieri alle 18,30 (con un'ora di ritardo) da piazza Garibaldi non era un gay pride ma soltanto un corteo che univa persone di qualunque tendenza sessuale contro il fantasma dell'omofobia. Un corteo “normale”, colorato, arrabbiato contro i pregiudizi ma anche autoironico. «Fatte sapere alle vostre amiche che sono single da alcuni mesi. Se continuo così rischio di guarire», scherza una ragazza, rivolta a un gruppetto di giovanissime coetanee. Una battuta, certo. Nella quale, però, c'è lo spirito della manifestazione: per celebrare la Giornata mondiale contro l'omofobia è stato scelto il 17 maggio (anche se a Cagliari la manifestazione è stata anticipata di un giorno) perché in quella data di 29 anni fa l'Organizzazione mondiale della sanità ha cancellato l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali.
LE PAURE Battute, chiacchierate che servono anche ad ammazzare un briciolo di tensione: alle 17,30, ora fissata per l'inizio del corteo, in piazza Garibaldi ci sono, al massimo, un centinaio di persone. C'è un po' di preoccupazione anche perché ci sono state polemiche alla vigilia della manifestazione. All'interno del movimento gay, non mancano i distinguo: qualcuno non vuole la carnevalata , per altri, invece, ci deve essere libertà di espressione anche nell'abbigliamento. E poi c'è il nodo delle presenze politiche: ci devono essere o no le bandiere dei partiti che aderiscono? A risolvere il problema sono gli stessi politici: compaiono soltanto i vessilli della lista che, alle Europee, riunisce rifondaroli e comunisti italiani. Per il resto, la presenza dei politici è ridotto all'osso: nel corteo si riconoscono il consigliere regionale dei Rossomori Claudia Zuncheddu e Maria Grazia Calligaris, fresca fondatrice di “Socialismo diritti riforme”. A creare ulteriormente preoccupazioni, il tam tam di Facebook che annuncia la presenza, ovviamente, provocatoria di Forza Nuova. Che, fortunatamente, non si concretizza.
IL CORTEO Alle 18,30, quando piazza Garibaldi è piena, il corteo parte, guidato da un camion con tre striscioni “No Vat: più autoderminazione, meno Vaticano”, “Ieri inquisizione, oggi omofobia” e “L'omofobia è contro natura”. Perché, il Vaticano (e, in particolare, l'ex presidente della Cei Ruini) è stato uno dei bersagli della manifestazione. Ma le critiche non hanno risparmiato la classe politica. Di centrodestra, come facilmente prevedibile, ma anche di centrosinistra (come per esempio D'Alema). Davanti alla Regione, una speaker ha letto un blob di frasi omofobe dette da uomini politici. Momenti di protesta ma anche di provocazioni goliardiche. Come quello di un giovane che chiedeva più dignità perché «siamo tutti gay, tutti immigrati, tutti musulmani».
LA CITTÀ Il corteo ha attraversato via Sonnino, via XX settembre, prima di arrivare in via Roma. Nell'arteria qualche disagio per il traffico ma anche lo sguardo divertito e interessato della gente. Di un gruppo di turisti seduti al tavolino di un bar che hanno applaudito al passaggio del corteo. O di una coppia che si era appena sposata in Municipio: imperdibile l'occasione di fare una foto ricordo con il corteo nello sfondo. Qualche momento di tensione soltanto in piazza Yenne dove alcuni teppisti hanno indirizzato insulti verso il corteo. La provocazione, però, non è stata raccolta dai manifestanti e il lungo serpentone si è potuto arrampicare verso via Manno. Poi, dopo il passaggio in via Garibaldi, l'epilogo della manifestazione.
MARCELLO COCCO
«Gay pride? No, lotta contro il razzismo»
A vederlo così, vestito di piume e paillettes , con un vistoso ventaglio in mano, impegnato a mandare baci ai professionisti dello shopping , sembra quasi impossibile che possa dire cose credibili. Ma è solo un pregiudizio: Madame Coconcita , una delle drag queen sedute sul camion che apre il corteo, ha le idee chiare. «Questo corteo», afferma, «non è un gay pride ma è una manifestazione contro ogni forma di razzismo, compresa l'omofobia». Nessun problema, dunque, se nel corteo sono tantissimi (forse la maggioranza) gli eterosessuali. «Credo che sia dovere di ogni essere umano prendere parte a questo genere di manifestazioni».
L'omofobia è un fantasma che fa paura. «Anche perché», sostiene una delle organizzatrici, Cristina Ibba , del collettivo lesbiche e femministe, «l'Italia, insieme alla Polonia e alla Grecia, è una delle poche nazioni europee prive di una legge contro l'omofobia». Certo, in Italia, le cose vanno meglio che in altre parti del mondo. «In dieci paesi, si viene condannati a morte per omosessualità, in un altro centinaio è un reato. Da noi, la discriminazione è più sottile e spesso avviene nelle famiglie e nelle scuole».
Sarà forse per questo che sono tanti i giovanissimi in corteo. «Forse questa è una tra le note più belle di questa manifestazione», sostiene Michele Atzori , alias Dr. Drer, il rapper protagonista di un video cult su Youtube , quello in cui, nel corso di una tribuna politica, si rivolge a un esponente del Pdl dicendogli: “ Ponirì a una parti ”. «Per me è scontato essere qui», puntualizza. Poco lontano, Francesca Serra sembra averlo sentito. «Non potevo non esserci. Anche se sarebbe bellissimo non fare più queste manifestazioni: significherebbe la fine di questa forma di razzismo».
Tra le organizzazioni che prendono parte al corteo anche la delegazione cagliaritana di Amnesty International . C'è Claudia Milani , l'avvocato che la scorsa settimana si era recata in Palestina con una missione umanitaria. «Noi difendiamo anche l'identità di genere e la libertà di orientamento sessuale». Con un occhio rivolto al resto del mondo. «Inquietante quello che è accaduto in questo ore in Russia: i manifestanti gay sono stati arrestati». Cose che, fortunatamente, non accadono in Italia. «Ma dobbiamo fare un passo avanti: non si deve più parlare di tolleranza ma solo di rispetto per l'altro».
Musica per le orecchie di Massimo Mele , l'attivista sassarese del Mos (Movimento omosessuale sardo) che ha fatto coming out nel '92. «Quando», racconta, «dichiararsi gay era un po' come dire di essere un marziano». Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. «E oggi, per la prima volta in Sardegna, possiamo anche fare questa manifestazione. Una cosa che è diventata necessaria: stanno cercando di imporci un modello comportamentale unico. Invece, io credo nella cultura delle differenze».
Una manifestazione alle quale prendono parte associazioni, circoli culturali. E anche cittadini qualunque (qualcuno, addirittura, con bambino in carrozzella al seguito). Una festa per tanti. Anche se, ogni tanto, viene fuori la “sindrome da accerchiamento”. «Vuoi sapere se sono lesbica?», chiede, infastidita, una ragazza quando vede un taccuino. Francamente no. «Non te lo dico», insiste, «perché devo essere valutata per il contributo che eventualmente do alla società, non per quello che faccio a letto».
In via Manno, Roberta Melis sembra, quasi, una delle tante ragazze impegnate nello shopping del sabato sera. Invece, anche lei è lì per la manifestazione. E per lanciare un messaggio alla chiesa cattolica. «Che», spiega, «sta tentando di imporre allo Stato la sua morale mentre dovrebbe soltanto preoccuparsi di indicare ai suoi fedeli la via verso la salvezza. Tra l'altro, per quel poco che ne so, mi sembra che Dio abbia dato all'uomo l'autoderminazione. La chiesa ce ne vorrebbe privare». Ma il bersaglio è soprattutto la politica. «Purtroppo», interviene Antonio Colombo , «non sa leggere i cambiamenti del mondo: sta venendo fuori una cultura contro i diversi, siano essi poveri, neri o omosessuali. Una deriva sempre più inquietante». ( mar. co. )
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