L’approvazione del registro delle Unioni Civili nei comuni italiani, prassi iniziata nel 1993 dal Comune di Empoli, è uno strumento di pressione nei confronti del Parlamento italiano per l’approvazione di una legge quadro nazionale sul riconoscimento delle Unioni di Fatto o convivenze. Ma anche un modo per sottolineare la posizione dell’Amministrazione su un tema ormai divenuto piuttosto importante in Italia e che riguarda ormai milioni di persone.
Negli ultimi vent’anni, il numero delle unioni di fatto nel nostro Paese è aumentato in maniera esponenziale. La scelta della convivenza, differentemente da quanto sostenuto dagli avversari di questa forma di unione, non mina alle fondamenta la forma famiglia così come comunemente intesa, ma apre le porte ad unioni sociali diversificate che rispecchiano più a fondo i bisogni e le scelte delle e dei cittadini che scelgono modalità di vita comune altre da quella unica oggi consentita, ovvero il matrimonio. Nelle proposte presentate in Parlamento infatti si fa riferimento a livelli diversi di unione, ai quali corrispondono diversi diritti e doveri relativi al grado di intensità che si sceglie di dare al rapporto. Sono infatti considerate unioni civili, oltre a quelle basate sull’affetto/amore eterosessuale e omosessuale, anche le unioni basate su rapporti amicali e solidaristici o di mutua assistenza. Tale legge da infatti seguito all’articolo due della costituzione italiana:
Art. 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Il diritto di tutti i cittadini di scegliere la “formazione sociale” in cui vivere, non è oggi ancora tutelato da nessuna legge nazionale, in totale spregio di quanto sostenuto dalla nostra Costituzione approvata nel ‘48. Inoltre tale legge riconoscerebbe per la prima volta il diritto anche per le unioni gay e lesbiche il diritto di esistere, dando così un’indicazione forte e chiara rispetto alle pulsioni omofobe e discriminatorie ancora presenti nel nostro Paese. Pulsioni e sentimenti aiutati e sostenuti proprio dalla mancanza di una legislazione che riconosca a gay e lesbiche i più elementari diritti di cittadinanza.
Per capire meglio quello di cui parliamo possiamo dire che già dagli anni cinquanta la giurisprudenza ha cominciato ad occuparsi delle Unioni di Fatto, a partire dai diritti delle vedove di guerra, sia per quanto riguarda la pensione che la tutela dei figli delle coppie non sposate.
Solo per fare un esempio: lo scorso anno alla vedova di Stefano Rolla, uno dei morti di Nassiriya è stato vietato l’ingresso alla cerimonia funebre perché non legalmente sposata ma, semplicemente, convivente.
L’approvazione del registro comunale, oltre ad un valore simbolico e politico, ha anche un valore immediato, per le pochissime competenze comunali in cui la dimensiona coniugale ha una qualche importanza, come l’assegnazione delle case popolari, per quanto a Sassari il regolamento fosse stato già modificato nei primi anni ’90 e aperto a tutti i tipi di coppie, da quelle omosessuali alle coppie di amici, o l’assistenza sociale.
Hanno aderito alla campagna:
CGIL, Arci regionale, Movimento Omosessuale Sardo, circ. Arci Borderline, Spazi infiniti (testata giornalistica), Centro amico, Polifonica Santa Cecilia, Coop. Equo Mondo, Libreria Odradek, Italia Cuba, Collettivo Studentesco, Funtamara, Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, circolo Progetto Progressista, Coop.Theatre en vol, Associazione culturale Girovagando, Associazione per il Rinnovamento della Sinistra
PdCI, PRC, La Rosa nel Pugno, IRS,
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