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Un colpo di carabina contro l'auto di un gay

la Nuova Sardegna — 28 marzo 2009   pagina 21   sezione: SASSARI

SASSARI. Si è appostato nelle dune, o tra i cespugli. Carabina in mano, ha atteso che il bersaglio gli sfilasse davanti. Non voleva certamente uccidere, ma spaventare sì. Divertirsi un po’, alle spalle dei gay che si incontrano ogni sera nella spiaggia del terzo pettine. Ha visto i fari dell’auto accendersi, il motore partire. Così ha preso la mira e ha premuto il grilletto.
Antonello Depalmas, 45 anni, sassarese, parrucchiere, ha sentito il lunotto posteriore frantumarsi. «Ho avuto paura - dice - quando ti sparano addosso non stai lì a fermare l’auto e controllare quel che è successo. D’istinto ho accelerato e sono scappato via». Il suo, purtroppo, non è un caso isolato: il problema è che le aggressioni o le minacce restano perlopiù nel silenzio.  Se Antonello Depalmas ha avuto il coraggio di sporgere denuncia in Questura, è solo perché ha la fortuna di vivere la propria omosessualità alla luce del sole, e non ha niente da nascondere.
Come altri omosessuali, nel pomeriggio frequenta spesso il terzo o il quarto pettine di Platamona. «Ci incontriamo, chiacchieriamo, passeggiamo in spiaggia».  E’ un luogo appartato, tranquillo, soprattutto in inverno. Lontano dalla curiosità morbosa della gente. Ideale per chi vuol farsi i fatti propri: le auto parcheggiate nelle piazzole, intorno solo buio e freddo. Ma così come è perfetto per chi cerca la privacy, lo è altrettanto per chi, questa intimità, vuole sabotare. L’intollerenza ha sempre un mirino dietro il quale osservare il mondo. E il bersaglio è sempre qualcuno più debole e più vulnerabile.
«Posso citare almeno altri tre episodi accaduti nella zona di Platamona - dice il presidente del Mos Massimo Mele - un ragazzo ci ha riferito di essere fuggito dopo che il finestrino laterale della sua auto è stato bucato da un proiettile. Un altro omosessuale, quando è ritornato a prendere la vettura parcheggiata nella piazzola, l’ha ritrovata con le gomme squarciate. Un’altra aggressione invece è avvenuta in città. Corso Angioy, vicino al rifornitore, è un luogo di incontro. Un gruppo di teppisti ha afferrato un’auto dai paraurti e ha cominciato a sballottarla. All’interno, naturalmente, c’erano anche due persone, che sono state minacciate con un coltello».  
I responsabili di queste intimidazioni non verranno mai scoperti perché alle forze dell’ordine non è mai arrivata una segnalazione: «Il 99 per cento delle vittime di violenza - prosegue Mele - preferisce non denunciare. Per paura, per vergogna, perché preferiscono vivere clandestinamente la propria omosessualità».  
Dal 2008 il telefono amico del Mos ha ricevuto diverse segnalazioni, anche tramite il passaparola, e ha toccato con mano quanto, anche in una città apparentemente tranquilla come Sassari, possa attechire la caccia al diverso. «In Italia l’omofobia non è considerata un reato. Così, quelli che in America vengono definiti “hate crimes”, crimini di odio, qui da noi vengono liquidate come semplici ragazzate o atti di bullismo. In questo clima, gli anatemi del Vaticano, le aggressioni verbali di politici e amministratori, dai “culattoni” di Calderoli ai “deviati” della Binetti, all’incitazione all’omicidio di Prosperini, ma anche certe affermazioni infelici dei nostri consiglieri comunali (Sandro Profili e Tore Chessa ndr), non aiutano la società ad aprirsi e accettare la diversità».  
Il 17 Maggio ricorre la giornata mondiale contro l’omofobia. Il MOS spedirà a tutte le amministrazioni sarde, comuni, province e regione, il testo di una mozione di condanna dell’omofobia e che riconosce a gay, lesbiche e trans il diritto di vivere liberamente la propria sessualità.  «Riusciranno i nostri politici - dice Massimo Mele - a compiere questo minimo passo di civiltà?».