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Documento del MOS per incontro con il Sindaco Ganau avvenuto il 29/06/2006. Erano presenti, per il MOS: Massimo Mele, Stefano Musu, Maria Rosaria, Giuliana, Daniele.

Diritti di cittadinanza contro discriminazione e omofobia

Il 28 Giugno del 1969 a New York per la prima volta gay, lesbiche e transgender si ribellarono ai continui soprusi della polizia, iniziando una guerriglia per le strade di Greenwich village che durò tre giorni e segnò l’inizio del movimento omosessuale. Da allora il 28 Giugno è la data dell’orgoglio gay e ogni anno milioni di persone omosessuali e transgender scendono in piazza in feste/manifestazioni per celebrare non solo i risultati raggiunti in termini di visibilità e rispetto sociale, conquistati in anni di lotte, ma per continuare a rivendicare quei diritti di cittadinanza che ancora oggi, in molte parti del mondo sono loro negati. Infatti, seppure la rappresentazione virtuale dell’omosessualità disegna una società più rispettosa e aperta alla diversità, in un’ottica puramente capitalistica di riduzionismo commerciale, nella realtà del quotidiano, molti paesi sono ancora ben lontani da un riconoscimento sociale e politico dell’omosessualità che attribuisca completezza di cittadinanza a gay e lesbiche. Così come, in Paesi che già riconoscono alcuni diritti parziali, questi sono messi in discussione dal consolidamento di un fondamentalismo religioso aggressivo e radicale che trova sostegno in settori sempre più ampi di una classe politica a corto di ideali e incapaci di rispondere alle esigenze reali di una società in progressiva mutazione.

E’ forse per questo che oggi, più che negli anni passati, gay, lesbiche e trans sono diventati centrali in quella battaglia di liberazione ed affermazione di quei diritti di cittadinanza di cui ampi settori della società sono ancora privati.

L’omosessualità è stata da tempo depennata dall’elenco delle malattie psichiatriche in cui era stata relegata, dopo il periodo nazi/fascista, fino agli anni ’80. Infatti, dal 17 Maggio del 1990, con la cancellazione dell’ultimo residuo di imbecillità pseudopsichiatrica, l’omosessualità distonica, l’omosessualità è considerata come una normale variabile della sessualità umana (OMS). Eppure, da quella data, solo pochi paesi nel mondo hanno provveduto a modificare la propria legislazione riconoscendo alle persone omosessuali la piena cittadinanza. In seguito alla risoluzione del Parlamento Europeo del 1994 sui diritti di gay e lebiche, Olanda, Finlandia, Danimarca e Svezia hanno varato leggi di riconoscimento delle Unioni Civili e leggi antidiscriminatorie, modifacndo la propria legislazione fino alla modifica del diritto matrimoniale degli ultimi anni, con adozioni comprese. Stessa strada è stata intrapresa da poco dalla cattolicissima Spagna, con l’eliminazione di alcune discriminazioni legislative basate sull’orientamento sessuale. Parziali riconoscimenti dei diritti anche in Austria, Svizzera, Francia, Germania, Israele, Australia, Inghilterra, USA, Sud Africa ecc. L’Italia si trova invece, insieme ai Paesi musulmani in una situazione di completa commistione di poteri fra Stato e Chiesa, incapace di riconoscere quel principio di laicità base stessa della democrazia liberale.

E’ forse per questo che lo scorso 17 Giugno, per la prima volta in Italia, più di 100.000 fra gay, lesbiche e trans sono scesi in piazza rivendicando non più solo una legge di compromesso come quella sui PACS, ma la totalità di quei diritti di cittadinanza che darebbero alle persone omosessuali pari dignità politica e sociale.

Gli atti di violenza omofobica degli ultimi giorni, dimostrano non solo il fallimento delle politiche antidiscriminatorie fin qui seguite (ben poche!), ma anche l’esigenza di un’accelerazione in quelle pratiche di riconoscimento dei diritti individuali che, con lo scontro sui PACS, ha subito un notevole rallentamento. In Italia infatti l’omosessualità è sempre stata un tabù, tanto che non è menzionata nemmeno nelle leggi antirazziste o antidiscriminatorie come la legge Mancino di alcuni anni fa. Eppure dichiararsi contro la discriminazione e l’omofobia non ha molto senso in una situazione di totale negazione dell’esistenza dell’omosessualità. Infatti, non solo la Costituzione non riconosce ancora il diritto all’orientamento sessuale (ma parliamo del 46/48), ma nessuna legge della Repubblica menziona ancora oggi gay, lesbiche e trans, né in senso positivo, né in senso negativo.

Affrontare la questione omosessuale oggi significa affrontare il problema della mancanza del riconoscimento dei diritti fondamentali, come il diritto all’affettività, alla non discriminazione, alla libertà di scelta sul proprio corpo e sulla sessualità, così come sulle forme di aggregazione sociale o comunitaria in cui ognuno di noi intende vivere. La discriminazione legislativa che colpisce le persone omosessuali rende infatti lo Stato, e tutte le sue emanazioni territoriali (Amministrazioni locali), non solo complici, ma addirittura mandanti rispetti agli atti discriminatori fisici e psicologici contro gli omosessuali compiuti da imbecilli più o meno politicizzati che si muovono all’interno di un’organizzazione sociale strutturalmente discriminante. Dichiararsi solidali o contro la discriminazione oggi non ha molto senso, risulta anzi piuttosto offensivo per chi, come noi, vive ogni giorno sulla propria pelle la privazione dei diritti basilari di cittadinanza.

“Diritti di cittadinanza contro discriminazione e omofobia” è lo slogan scelto dal MOS per la prossima campagna di sensibilizzazione sui diritti di gay, lesbiche e trans ed indica, quale terreno d’azione privilegiato, il riconoscimento legislativo della piena cittadinanza per le persone omosessuali: dal diritto all’affettività al diritto di crearsi una famiglia (aggregazione sociale), al diritto alla non discriminazione, al diritto all’autodeterminazione sul corpo e sulle scelte di vita.

Indichiamo, come primo passo per l’apertura di una nuova stagione di pacificazione sociale, l’impegno concreto a sostegno di una campagna antidiscriminatoria e antomofobica e l’approvazione, in tempi rapidi, di un registro per le unioni civili nella nostra città, che riconosca, implicitamente, a gay e lesbiche, il diritto alla creazione di strutture comunitarie (famiglie) di aggregazione sociale su base affettiva e/o solidaristica, ovvero un inizio di riconoscimento di quella cittadinanza finora negata.

L’assemblea del Movimento Omosessuale Sardo