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Il Sardegna 29/06/2007
L'orgoglio gay a Palazzo Ducale le coppie di fatto all'unanimità

Sitin in Comune, il Mos entra in Aula, Mele fa il sindaco e vara il registro delle unioni civili

Il registro delle unioni civili approvato. Anzi, auto-approvato.
Gli agguerriti rappresentanti del Mos (movimento omosessuale sardo) hanno atteso un anno che la mozione sulle coppie di fatto facesse il suo civile e democratico ingresso a Palazzo Ducale. Così ieri, stanchi di avere pazienza, gli attivisti hanno fatto un rocambolesco quanto pacifico blitz nella sala consiliare e se lo sono votato da soli, il registro delle unioni civili: un plebiscito, manco a dirlo. Sindaco ombra, Massimo Mele, leader del Mos, che in qualche modo ha coronato il sogno di occupare la poltrona per cui aveva corso alle amministrative del 2005. Un gesto simbolico quanto clamoroso.
Gli agenti della municipale all'ingresso e gli uomini della Digos, presi in contropiede, hanno potuto fare ben poco per fermarli: vedendosi sfilare sotto il naso bandiere, striscioni e cappellini colorati, hanno opposto una timida resistenza prima di lasciare che i manifestanti straripassero dentro il Palazzo. Ad aiutarli nella spallata, esponen-ti del Collettivo studentesco, Sardigna Natzione, il Css, A manca pro S'Indipendentzia, Partito comunista dei lavoratori, le femministe di Andala, il cantiere Città aperta di Alghero: in tutto una cinquantina.
Questa la conclusione a sorpresa di quello che doveva essere un sit-in davanti al Comune, in occasione della giornata mondiale dell'orgoglio gay, per «riprenderci la piazza, perchè non ci sentiamo più rappresentati dalle istituzioni» ha gridato Mele, dentro l'immancabile maglia dei quattro mori che, a coppie, si baciano. Sullo sfondo lo slogan del piano strategico che nel frattempo il sindaco Gianfranco Ganau stava discutendo in altra sede, con una ironica aggiunta: “Sassari bella, buona, forte (questa la frase originale del piano strategico, ndr)... e bigotta”. «Bigotta – ha continuato il leader del Mos - perchè la nostra, che è sempre stata una città aperta e tollerante, sta diventando omofoba e razzista per colpa di una campagna culturale condotta dai consiglieri cattolici e della destra.
"Malati, viziosi e schifosi" e giù aggettivi acidi. E giù applausi. Consiglieri con nomi e cognomi: «Marcello Orrù, Tore Chessa, Giancarlo Carta, Sandro Profili, Antonello Sassu: loro sono i mandanti dell'odio che si sta scatenando nei nostri confronti». Un odio le cui avvisaglie sarebbero apparse in occasione dell'ultimo Gay pride romano, quando la delegazione del Mos diretta a Roma è stata scortata dalla Digos fino a Olbia «perchè la questura aveva motivo di sospettare una possibile aggressione ai nostri danni durante il percorso: un fatto mai verificatosi prima». Per quei consiglieri che rifiutano il riconoscimento pubblico delle coppie omosessuali «proponiamo il ritiro della cittadinanza – ha concluso provocatoriamente Mele - e l'esilio in un paese fondamentalista: Iran o Afghanistan: il biglietto lo paghiamo noi».