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rassegna stampa da La Nuova Sardegna Leader omosessuale arrestato in Israele SASSARI. Massimo Mele, leader del movimento omosessuale locale, è stato arrestato in Israele mentre tentava di raggiungere Arafat. I soldati israeliani, dopo una permanenza in cella, gli hanno consentito di stare in una stanza d'albergo. R. SANNA a pagina 11
06-07-02, Sardegna Pacifista sardo arrestato in Israele Brutta avventura per Massimo Mele, leader degli omosessuali L'attivista del Mos è stato fermato a Ramallah dove si era recato per portare ai palestinesi i medicinali raccolti a Sassari. Trattenuto per 12 ore è stato poi scarcerato
SASSARI. Massimo Mele, leader del Movimento omosessuale sardo, è stato arrestato giovedì a Ramallah dai militari israeliani all'uscita del quartier generale di Arafat, dove si trovava per collaborare con l'organizzazione locale Union of Palestinian medical relief committes e con alcune organizzazioni pacifiste alle quali aveva consegnato i medicinali raccolti a Sassari attraverso una campagna promossa dal Mos e dal circolo Arci Borderline, del quale è presidente. Mele è stato trattenuto in cella per dodici ore, quindi è stato scarcerato e dovrà per ora rimanere in un ostello di Gerusalemme. Il leader del Mos si trova in Israele dallo scorso 26 giugno, per partecipare ai ay Pride di Tel Aviv e Gerusalemme, ma da lì si è recato a Ramallah per completare l'iniziativa pacifista lanciata a Sassari e rendersi conto di persona della situazione nelle zone del conflitto. Nei giorni scorsi si è attivato per permettere i rifornimenti ai militari, che ha spesso effettuato in prima persona, e ha inoltre garantito col proprio passaporto che le ambulanze della Union of Palestinian medical relief committes potessero muoversi regolarmente nei territori occupati. Il suo passaporto è però da giovedì nelle mani dei militari israeliani, che lo tengono bloccato a Gerusalemme in una sorta di "arresti domiciliari" probabilmente in attesa di mettere in atto le procedure di rimpatrio e sistemarlo su un aereo per l'Italia. Mele è stato arrestato per aver forzato in maniera pacifica il blocco israeliano davanti alla sede del governo palestinese a Ramallah attorno alle 11, in un momento di altissima tensione perché quella stessa mattina era stata bloccata una delegazione italiana con Piero Fassino e dopo lunghe trattative era stato concesso l'ingresso solo allo stesso Fassino e al console. Massimo Mele (che in precedenza era riuscito a entrare nel quartier generale per due volte), è stato egualmente respinto, ma è tornato indietro e ha sfidato i militari israeliani lanciando il proprio passaporto a un soldato sistemato sulla torretta di un carro armato e oltrepassando la soglia del palazzo con decisione ma anche con lunghi brividi sulla schiena. Un gesto che gli è valso l'applauso di tutti i palestinesi presenti all'interno, i quali lo hanno accolto con un lungo applauso non solo perché aveva le medicine ma perché aveva avuto il coraggio di sfidare in maniera plateale i militari israeliani; nel palazzo, una situazione diversa da quella che la gente si immagina, con tanti ragazzini che ingannano il tempo giocando a ping-pong o guardando la tv satellitare. Un militare palestinese, in segno di ammirazione, ha regalato a Massimo Mele una pallottola del suo fucile e un ciondolo. Al momento dell'uscita, sono però cominciati i guai: quando ha chiesto indietro il passaporto i militari gli hanno intimato di entrare nel carro armato perché era in arresto. «Sono rimasto chiuso nel carro armato per tre ore _ ha raccontato via e-mail da Gerusalemme Massimo Mele, in attesa di ripartire _, ho fatto amicizia con i militari, con i quali abbiamo parlato a lungo della situazione palestinese. Mi hanno anche insegnato alcune frasi in israeliano e hanno continuato a chiedermi di non dire niente di brutto su di loro, che si comportavano in quella maniera perché stavano semplicemente facendo il loro dovere. Attorno alle 19 sono arrivate 3 jeep della polizia e sono rimasto con loro per diverso tempo, sballottato tra Ramallah, Bet El e Gerusalemme, quindi mi hanno accompagnato nel carcere di Bet El. Da lì sono uscito dopo alcune ore e mi hanno accompagnato in un ostello di Gerusalemme intimandomi di non uscire senza documenti, che peraltro si erano tenuti, altrimenti avrei rischiato una lunga carcerazione». Prima di poter inviare una e-mail, Mele era riuscito a informare la sua famiglia di quanto stava accadendo e, per quanto incerto su quale potesse essere la sua sorte, aveva rassicurato tutti delle sue buone condizioni di salute grazie a Claudia, una dottoressa italiana che lavora al Medical Relief di Gerusalemme che aveva contattato con l'unica telefonata che i militari israeliani gli avevano consentito di fare. La sua avventura in Medio Oriente dovrebbe concludersi in queste ore, salvo complicazioni che però lo stesso leader del Mos riteneva piuttosto improbabili. Il console italiano in Israele era stato infatti informato immediatamente dell'accaduto dalle autorità locali e quando Claudia è riuscita a contattarlo le ha risposto che sapeva già tutto e che in casi come questi la procedura adottata è quella dell'espulsione. di Roberto Sanna
07-07-02, Sassari Massimo Mele rientrerà oggi in Italia L'intervento del console italiano ha sbloccato la situazione
SASSARI. Massimo Mele, il leader del Movimento omosessuale sardo, arrestato nei giorni scorsi a Ramallah dall'esercito israeliano, dovrebbe rientrare oggi. E in buona salute e ha deciso a rientrare volontariamente in Italia per evitare l'espulsione dal Paese, che gli impedirebbe di rientrare in Israele per parecchi anni. Decisivo l'intervento del console italiano, che ha facilitato lo sblocco della situazione. Mele si era recato giovedì a Ramallah, presso il quartier generale di Arafat, per portare cibo e medicinali ai palestinesi della Cisgiordania, ma era stato arrestato dai militari israeliani che lo avevano condotto a Gerusalemme sequestrandogli i documenti.
07-07-02, 24ore IL SASSARESE ARRESTATO Massimo Mele, il sassarese leader del Movimento omosessuale sardo, arrestato nei giorni scorsi a Ramallah dall'esercito israeliano, mentre portava cibo e medicinali al quartiere generale di Arafat dovrebbe rientrare oggi. E in buona salute e ha deciso di ritornare volontariamente in Italia per evitare l'espulsione dal Paese, che gli impedirebbe di rientrare in Israele per parecchi anni. Decisivo l'intervento del console italiano, che ha facilitato lo sblocco della situazione.
09-07-02, 24ore ERA BLOCCATO A RAMALLAH E' rientrato a Sassari ieri sera Massimo Mele, il leader del Movimento omosessuale sardo arrestato nei giorni scorsi in Israele. Mele, che domenica aveva raggiunto Roma da Tel Aviv, è sbarcato nel pomeriggio all'aeroporto di Fertilia. Il presidente del Mos era stato arrestato giovedì scorso da alcuni militari dell'esercito israeliano a Ramallah, dove si era recato per portare medicinali ai miliziani palestinesi. Era rimasto bloccato a Gerusalemme per due giorni e privato del passaporto.
18-07-02, Cagliari Incontro a Cagliari sulla Palestina Il monociclo di Pietro Olla è poggiato ai pilastri del salone. Nello schermo scorrono le immagini del viaggio, i ricordi di questi tre ragazzi protagonisti della serata organizzata dal Social Forum cagliaritano e dall'Associazione di Amicizia Sardegna Palestina. Con loro Massimo Mele, il giovane arrestato mentre portava viveri e schede telefoniche nella sede dell'Autorità Palestinese, violando il coprifuoco. I quattro sono arrivati dove nessuno può entrare, solo per aver anticipato di dieci giorni la partenza sulla data fissata da Action for Peace, che aveva organizzato quella fila ininterrotta di pacifisti che doveva disegnare, simbolicamente in Palestina, i confini di quello stato che non c'è ma riconosciuto dalle Nazioni Unite. Loro, i quattro, sono passati, le altre delegazioni no: respinte all'aeroporto di Tel Aviv. Così Piero Maura ed Enrico hanno viaggiato tra Hebron e Gerusalemme, scoprendo cosa significa vivere uno stato di apartheid, sotto il controllo costante di soldati armati, sopravvivere nella terra occupata. «Hebron è divisa in due zone chiamate h1 e h2, _ racconta Enrico _ dove vivono 522 coloni ebrei più quattro o cinque soldati armati che fa la guardia. Intorno un popolo: i centocinquantamila palestinesi». Nella città vecchia i soldati d'Israele hanno occupato i piani alti dei palazzi, ai loro piedi uno scenario di filo spinato, recinzioni, garitte militari, telecamere. Negozi chiusi, case occupate e devastate, i palestinesi non possono ricostruire le case e alcune strade per loro sono vietate. Scorrono le immagini di palazzine ridotte a ruderi, mischiate a mercati orientali dai mille colori, a bambini festanti. Poi di nuovo strade deserte, il coprifuoco e la paura. L'apartheid non risparmia i luoghi santi. «La moschea di Hebron è quella dove Baruc Goldstein, fondamentalista ebreo, ha ucciso 26 palestinesi in preghiera e ferito un centinaio. Così il governo israeliano si è preso più della metà della moschea, dividendola in due con una separazione segnata dalla tomba di Abramo e Sara. Per entrare nella moschea c'è un doppio passaggio: metal detector e telecamere all'interno». I coloni sono prigionieri delle loro stesse gabbie, educati a sedici anni a girare col fucile, senz'altra speranza che restare sulla terra che Dio gli ha promesso, in guerra. Due mondi separati che non s'incontrano: è il pensiero di Pietro, che ha vissuto il coprifuoco e gli scontri «facendo finta di non aver paura». Arrivati per invocare la pace, sono stai messaggeri di pane e viveri alle famiglie palestinesi chiuse in casa, oppure hanno scortato i palestinesi, perché se ci sono «gli internazionali», i soldati israeliani non fanno irruzione. I quattro sono tornati e adesso? Il boicotaggio no global lascia scettici gli attivisti, molto meglio un nuova marcia: un milione di persone, questa volta a Bruxelles. Daniela Paba
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