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MERCOLEDÌ, 14 MARZO 2007

 Su Youtube e su Tgcom il video del tentato suicidio del gay di Carbonia con terribili commenti

«Inquadralo quando cade». «Dai, buttati»

Massimo Pibia sconvolto: «Deve saltare fuori chi ha messo in rete le immagini del mio gesto»

CARBONIA. «Se veramente mi volete aiutare, deve saltare fuori chi ha messo in rete le immagini del mio gesto». Massimo Pibia, 42 anni, gay, è colpito duramente. Il suo tentativo di togliersi la vita è finito sul portale di Youtube.com dove diciassettemila persone in un paio di giorni hanno visitato il video di un gruppo di adolescenti di Carbonia che hanno ripreso con il telefonino quel gesto disperato dalla torre Littoria e incalzandosi a vicenda osservano per riuscire ad immortalare l’epilogo al quale inneggiano a bassa voce con le frasi «dai buttati» e «prendilo quando cade».
 La notizia è stata ripresa sul Tgcom, che ha pubblicato il filmato, ritirato poi in serata sia da Youtube che da Tgcom. La mattina di martedì scorso Massimo era salito fin sulla Torre di piazza Roma, davanti al municipio, per denunciare la propria condizione di gay. Ma non solo la sua. Un messaggio disperato ribadito poi nella sala del consiglio comunale, dove l’assemblea civica, sindaco in testa, lo aveva invitato.
 Ma il dramma di quel martedì mattina è stato guardato anche con occhi e animo glaciali da un gruppo di giovanissimi, come rivela la voce, maschi e femmine. Non solo. Anche qualcun altro da una posizione vicina al palazzo comunale, ha filmato ma ha montato le immagini con delirante ironia montandoci sopra un balletto con il ritornello di un successo Anni Sessanta “stasera mi butto...” (questo fino a ieri sera era stato visto da circa quattrocento persone).
 Le riprese autentiche sono state inserite nel motore di ricerca da un gruppo identificato su Youtube con il login «selajin». Nell’audio, tra alcuni commenti distorti, si sentono nitidamente i commenti di due ragazze: «Però filmalo quando cade», dice la prima; «dai, buttati», incita l’amica. Il filmato è di breve durata. Nell’ultimo periodo il portale è stato al centro della cronaca e delle polemiche nazionali per avere raccolto filmati con episodi di bullismo e sesso ripresi con i cellulari all’interno di alcune scuole.
 Massimo è scosso. Proprio oggi, che deve essere ricoverato a Cagliari per una stenosi, domani l’intervento. «Mi rivolgerò ai carabinieri. Il responsabile deve saltare fuori. Io stavo rischiando la vita». Che prova a sapere che questi ragazzi inneggiano alla tragedia? «Molto dolore. Più rabbia della settimana scorsa. È ora di smetterla di infierire». Il segno di una società non educata a comprendere? «Sì, soprattutto quando una persona compie un gesto del genere». Ma lei lo ha fatto. «Sono contrario a chi arriva a questi limiti. Bisogna rispettare chi non c’è più, chi ha scelto questa strada». Un viaggio che lascia ferite profonde anche quando non si arriva a destinazione tragica. «Già, un gesto estremo come questo porta al verdetto di “malato”, “malato in testa”. Bisogna rispettare chi si toglie la vita».
 Ma quale era il suo obiettivo? «Guardi, ho tanta rabbia, è cresciuta via via nell’ultimo periodo. La televisione, micidiale con i suoi messaggi». Tutti contro i gay? «Ma anche tra i gay, tra noi c’è tanta invidia». Che cosa la addolora? «È poco dire addolorato. Non si può certo dire che essere gay è una scelta. Non si può dire “non mi va bene questa vita, ne faccio un’altra”. Soltanto chi è gay lo può capire». È una condizione difficile, questo lei vuole denunciare. «Certo, è una condizione: non c’è niente da fare. Ho sempre detto che non esiste maschile e femminile, esistono maschile, femminile e neutro. C’è il bianco, il nero ma anche la via di mezzo del grigio».
 Non occorre essere laici per per denunciare la propria condizione. «Sono credente, credo in un Dio». Vuol dire cattolico? «Vado in una chiesa ma sto bene quando è vuota. Se mi voglio confessare lo faccio, ma non voglio domande dei preti sul mio autoerotismo. È ora di finirla con queste pagliacciate».
 Insomma, una vita libera, senza pregiudizi. «Ho messo a rischio la mia vita. Ma non solo per i gay: l’ho fatto contro l’ignoranza». Denuncia tosta, spirito determinato. «Non mi sento un eroe, anzi mi sento un viogliacco per non avere fatto fino in fondo quel che poteva accadere».
 Per fortuna è andata così. È anche questo un messaggio di speranza, non le pare? «Oggi grazie a Dio, grazie ai pochi amici (pensavo di averne tanti), sto comprendendo tantissime cose». Per esempio? «Innanzitutto ai giovani, alle ragazze, alle donne, agli uomini, dico: non imitate quel che ho fatto. Pur essendomi considerato un codardo, ho mia madre che mi ama e qualche amico, a prescindere dal mio atteggiamento sessuale».